(0) Commentimartedì 7 febbraio 2012
Riceviamo questo racconto e riflessione dalla Volontaria
Teresa D'Oria, che assieme alle Volontarie Silvia, Luisa ed
Izaltina ha fatto ritorno ad Itaberaba, là dove
iniziò l'impegno in Brasile delle Volontarie della
Carità.
Non ero mai stata ad Itaberaba, nonostante sia vissuta in
Brasile qualche tempo e vi sia tornata tante volte.
Itaberaba, nello stato di Bahia, è stato il primo luogo
dove sono arrivate le Volontarie, o meglio, il primo gruppo
arrivato con mamma Lucia. E si potrebbe aggiungere: il primo gruppo
di laiche arrivato in Brasile.
Le Volontarie a Itaberaba, senza paura
Quella prima volta m. Lucia si fermó ad Itaberaba per ben
sei mesi, per accompagnare personalmente le Volontarie nel loro
inserimento nella nuova realtà. Nuova in tutti i sensi: per
l'Istituto che si apriva ad un altro campo di apostolato, dopo i
Rifugi e le Ville Madonna della neve, e per ciascuna delle persone
che arrivarono lì. Per prima m. Lucia, che forse vedeva
realizzato un sogno- una chiamata - della sua giovinezza. Ma anche
per Bianca R., che cambiava ancora una volta il
suo campo di lavoro, come pure per Felicita e per
Luisa, giovanissime. Tutte, per un motivo o per
l'altro, piene di entusiasmo e pronte ad affrontare un mondo
totalmente sconosciuto.
Lucia non aveva conosciuto prima questa realtà. Ciò
che lei conosceva era quanto le aveva raccontato, negli anni del
Concilio Vaticano II, a Roma, Dom Epaminondas, il
vescovo della diocesi di Ruy Barbosa. Cioè quella a cui
appartiene Itaberaba, un piccolo paese-parrocchia con tutte le
caratteristiche di un paese dell'interno: necessità della
scuola, di un posto medico, di catechisti....
Lucia non si era fermata di fronte alle difficoltà
intrinseche del luogo, né si era impressionata per
i possibili piccoli/grandi ostacoli per una vita in un Paese
sconosciuto: lingua, clima, cultura...
Come il suo solito, percepita una necessità rispondeva con
prontezza e ricordava che, in aiuto dei missionari c'era quel verso
del salmo che dice "...calpesteranno il leoncello e il drago..." .
e poi: "l'Amore è veloce".
Le Volontarie si buttarono a capofitto nel
lavoro: censimento, organizzazione dei gruppi di
catechesi, visita alle comunità rurali, organizzazione del
lavoro pastorale. Oltre che presenza nella scuola parrocchiale, nel
posto medico... Impegno sociale e religioso, dunque.
Tutto questo è conosciuto da ogni membro dell'Istituto:
è all'origine dell'apertura missionaria e della
"implantatio" dell'Istituto in un altro Paese. É parte
importante della nostra storia. Ma altro è sentire
raccontare e altro è vedere di persona.
Il paese della pietra lucente
Così, approfittando di una fine settimana libera dopo gli
esercizi spirituali, abbiamo deciso di visitare Itaberaba, potendo
godere anche dell'ospitalità di una famiglia amica presente
a S. Estevão, a metà strada tra Salvador e
Itaberaba.
Con noi italiane c'era anche Izaltina, la prima Volontaria
brasiliana, nativa di Itaberaba, che sembrava rivivere passo passo
quegli anni e mentre ricordava, raccontava. Tornare al suo paese,
in questa occasione, non era per una semplice visita ai familiari
come le altre volte.
La strada che passa per Itaberaba, una volta di terra rossa, oggi
è una grossa arteria che congiunge il sud del Brasile con il
nordest ed è chiamata la "strada del progresso". Difatti il
traffico è abbastanza intenso. Qualche chilometro prima di
entrare a Itaberaba si stagliano nella chapada (altopiano) tre
montagne scure. Sono di granito, ed è proprio questa pietra
che dà il nome alla cittadina: nella lingua indigena
Itaberaba significa infatti "pietra lucente". É un vero
spettacolo! Quando batte il sole la pietra brilla. Itaberaba
è all'inizio della Chapada Diamantina (nella foto
piccola), il terreno è collinoso, ma scarso di acqua.
Per questo oggi uno dei lavori più seguiti dalla Pastorale
della terra nelle comunità rurali è la costruzione di
cisterne di raccolta dell'acqua piovana o, dove possibile, la
ricerca di acqua sotterranea.
Luisa a Itaberaba

In giro con il megafono per invitare alla
catechesi
Arriviamo nella piazza principale di Itaberaba dove è la
chiesa parrocchiale, tutta ristrutturata, bella ordinata: fa capire
quanta e quale partecipazione c'è da parte della
popolazione.
...E cominciamo a incontrare la gente del posto. In casa
parrocchiale c'è chi ricorda ancora Bianca e
Felicita, quando insegnavano nella scuola parrocchiale,
andavano al posto medico, giravano in jeep per il paese e con il
megafono invitavano la gente a partecipare alla catechesi...
Poi ci avviamo verso quella che era la casa delle
Volontarie e, per caso, incontriamo Diomar, la donna
tuttofare che viveva nella casa parrocchiale... lei non ha
dimenticato nulla di quei tempi. Arrivati davanti alla casa delle
Volontarie, con nostra sorpresa, incontriamo Norma, una signora che
abitava in una comunità rurale seguita dalle volontarie e
che oggi occupa una parte di quella casa, quella che fu la cappella
dell'adorazione. A questo punto, il tempo passa veloce ricordando
persone, aneddoti, attività, avventure...
La casa delle Volontarie

Diomar

Norma e le Volontarie

Le Volontarie non sono passate invano
Credo che ritornare al punto di partenza non sia solo un fatto
nostalgico, o, con una espressione tipicamente brasiliana, un
"matar saudade".
Ritornare lì, vedere che abbiamo lasciato un segno
- l'Adorazione alla sera del giovedì che continua ancora
oggi, l'attenzione alle situazioni delle povertà del luogo,
l'amore per la Chiesa - , incontrare persone che hanno
accolto e "ereditato" qualcosa del nostro carisma... è anche
rendersi conto che non si è passati invano: pur avendo
lasciato Itaberaba da oltre trent'anni, la semente è
cresciuta e dà i suoi frutti.
Per questo non possiamo non cantare il nostro Grazie al
Signore che fa sempre "bene tutte le cose", e per il dono che mamma
Lucia è stata per la Chiesa.
Teresa D'Oria
La chiesa di Itaberaba
