(0) Commentimartedì 14 febbraio 2017
Leonardo Conte, di Fossalta di Piave, è il nipote di
Bruno Perissinotto, sostenitore ed amico del Piccolo Rifugio, oltre
che autore di apprezzati articoli sull'Amore Vince.
Appena raggiunta la laurea in ingegneria, ha vòluto fare un
viaggio, ma non il solito viaggio. Per qualche settimana si fermato
a Salvador, in Brasile, con le Volontarie della
Carità.
Ecco un estratto del suo racconto, impreziosito da alcune sue
foto.

Con l'avvicinarsi della laurea, sentivo crescere in me il
desiderio di rallentare, fare una pausa e trovare del tempo per me
stesso. Questo sentimento si è tramutato nel sogno di
intraprendere un viaggio. Non la tipica vacanza da turista.
A giugno due miei amici, Beatrice e Simone, si sono sposati. Come
viaggio di nozze hanno optato, con l'energia e l'altruismo che li
contraddistingue, per due settimane di volontariato in un villaggio
in India.
Colpito dalla loro scelta, per me il segno che aspettavo, lo
spunto da cogliere, ho capito cosa cercavo.
Desideravo un'esperienza diversa, che potesse permettermi di
conoscere una realtà differente, sia nelle sua bellezza che
nella sue difficoltà, nella sua spettacolarità e
nella sua crudezza
Brasile, magari?
Negli stessi giorni in cui ho esternato questo desiderio, alcuni
volontari brasiliani erano in visita al Piccolo Rifugio di San
Donà. Accompagnato dal nonno, Bruno Perissinotto, ho fatto
la loro conoscenza.
Seconda coincidenza. Secondo segnale che, quando le cose devono
accadere, accadono.
DUE MESI IN BRASILE
La chiacchierata fu semplice e gli accordi furono presi.
Avrei passato gennaio e febbraio 2017 a Salvador, ospite di
Gabriel, nel ruolo di volontario nella sua casa di accoglienza per
anziani, l'Abrigo Sao Gabriel.
Il momento della partenza si avvicinava e in molti mi chiedevano
"Ma dove andrai? Cosa farai?". Non lo sapevo, non con certezza
almeno.
E neanche nei più grandiosi sogni avrei potuto
immaginare quello a cui sono andato incontro.
A Salvador non sono poi rimasto per tutti i due mesi come era
stato progettato.
Già il terzo giorno siamo partiti per Itaparica,
località sulla principale isola della Bahia, dove Gabriel e
le Volontarie svolgono una settimana di esercizi spirituali. Una
prima settimana più tranquilla è stata fondamentale
per agevolare l'immersione nel nuovo mondo.
La vicinanza delle volontarie italiane, sempre attente e gentili,
mi ha permesso di avere un punto di riferimento, un aiuto con la
nuova lingua e una infarinatura della nuova cultura. Da
Silvia, Teresa e Luisa, partite assieme a me
dall'Italia, come Dino e Doriana, fino a
Mariarosa e Anna, che ho conosciuto in
Brasile.
NEL NOSTRO ANDARE AVANTI, ABBIAMO LASCIATO INDIETRO QUALCOSA
Dopo qualche giorno ho conosciuto Thiago, un ragazzo della mia
età, e padre Sergio, che guidava gli esercizi spirituali. Da
loro ho ricevuto l'invito di seguirli verso la cittadina di
Iaçú, per conoscere il cuore dello stato di Bahia. E'
stato come fare un viaggio nel tempo. Sembrava di vivere nei
racconti dell'infanzia dei genitori, se non dei nonni.
Ho fatto amicizia con alcuni ragazzi del luogo, con cui mi sono
confrontato sullo stile di vita, sul sistema scolastico, sulle
nostre aspettative e sui sogni. A volte accadeva che pensassi a
quanto meglio stiamo noi, che studiamo, viaggiamo, abbiamo tutto.
Ma vedendo la gioia negli occhi e l'energia quotidiana, nella loro
semplicità, mi viene da pensare che forse non
è tutto oro ciò che luccica. Sì ha
l'impressione che, col il nostro andare avanti, qualcosa di bello
sia stato lasciato indietro.
LE NONNINE CHE CHIEDEVANO DI SEDERSI ACCANTO A ME
Dopo una decina di giorni ospite a casa di padre Sergio sono
tornato a Salvador, da Gabriel e ad aiutare nell'abrigo.
Un po' spaesato dall'ambiente e dalla difficoltà di
comprendere il portoghese degli anziani, mi ero ritirato a compiere
lavori di contabilità. Un poco alla volta però,
avvicinato dai grandi sorrisi e dalle carezze delle anziane ho
trovato la mia dimensione. Giorno dopo giorno gli operatori
dell'Abrigo hanno fatto l'abitudine alla mia presenza e mi
hanno mostrato l'enorme cuore che li ha portati a lavorare con
tanta passione in quel luogo.
All'Abrigo ho fatto di tutto: da imboccare gli ospiti che non sono
autonomi, ad aiutare le infermiere nelle medicazioni, a cambiare e
lavare gli anziani. Tutto ampiamente ripagato dagli sguardi di
gratitudine e dai cenni di affetto degli anziani. In particolare le
nonnine, più dolci e premurose, ci tengono a parlare, o
anche solo a stare sedute vicino a me. Si preoccupano che io abbia
mangiato (tutto il mondo è paese, ovunque si vada si trova
una nonna che ti offre la merenda!) e ringraziano quotidianamente
della mia presenza.
MUSICA, MUSICA, MUSICA
Caratteristica del popolo brasiliano, bahiano nello specifico,
è la vitalità. Ho partecipato ad alcune feste local,
come la Lavagem do Bonfim o la festa di Lemanjà. Due o tre
milioni di persone che, per ore, per chilometri, ballano e cantano
sotto il sole cocente. Tutto è musica, tutto
è danza, dalla festa più grande alla
semplice messa, metà della quale è composta di balli
e canti. Ogni occasione è buona per danzare e sparare fuochi
d'artificio.
Durante queste settimane ho vissuto in cinque case, ospite di
persone dalla vita e dalla disponibilità economica ben
differenti, in città e quartieri diversi. Tutti però
desiderosi di accogliermi per potermi mostrare la loro
realtà .
Quello che era cominciato come un servizio di volontariato si
è trasformato in un viaggio continuo, itinerante, alla
scoperta di mondi vicini ma opposti nello stato di Bahia.
Mai avrei potuto immaginare e di conoscere così tante
persone, desiderose di compiere qualche passo a fianco di un
ragazzo in cammino alla scoperta di se stesso.