(0) Commentisabato 31 ottobre 2020

Il 31 ottobre del 1900 nasceva a Musile di Piave Lucia
Schiavinato.
Sono trascorsi centovent'anni, e per quella magia che possiedono
i numeri tondi, fa bene riandare a questa data che in un certo qual
modo sta all'origine di tutta l'avventura umana e spirituale non
solo di Lucia ma anche dei Piccoli Rifugi, delle Volontarie della
Carità, e di tutta quella fioritura di opere e iniziative
che ne sono derivate.
Quell'anno "zero" coincise con l'inizio di un secolo tra i
più importanti e drammatici dell'umanità. Se
volessimo però raccogliere suggestioni e segni che vanno
oltre i grandi avvenimenti, può farci riflettere che l'anno
1900 fu quello del Giubileo che Leone XIII indisse, dopo che nei
decenni precedenti fu impossibile realizzare a causa della
difficile realtà politica. Il papa volle che il nuovo secolo
e gli anni a venire iniziassero sempre con il canto del "Veni
Creator". L'invocazione corale dello Spirito da parte di tutta la
Chiesa ha dischiuso il secolo della grande riscoperta della terza
persona della Santissima Trinità, facendoci cogliere in modo
abbondante i frutti della sua opera.
Possiamo perciò vedere anche nella vita e nell'azione di
Lucia Schiavinato un segno della fioritura di carismi che
lo Spirito suscita con abbondanza. La santità di
Lucia è una santità laicale, quella che papa
Francesco chiama "della porta accanto"o "della classe media". Senza
clamori, senza ricerca di particolari emozioni religiose, Lucia ci
parla con la sua vita di un cammino umile e fedele, lungo le strade
delle tante realtà di sofferenza umana. Un cammino compiuto
mettendo la propria mano in quella del Signore. Un cammino che
attinge forza dall'Eucaristia, "pane del cammino".
Qualcuno osserverà che molte cose sono cambiate in questi
centoventi anni, in particolare per ciò che riguarda le
strutture sanitarie e la conseguente presenza di operatori in tale
ambito. Che cosa può ancora dire quel particolare carisma
che lo Spirito Santo ha donato a Lucia? Il legame "Eucaristia e
sofferenza" ci parla di uno stile di servizio alla persona
fragile che non si limita alla sola erogazione di prestazioni
professionali efficienti.
Come ricordava secoli fa san Camillo de Lellis ai suoi
confratelli "infermieri": "Ci vuole più cuore nelle mani".
Il cuore non è solo espressione di sentimenti personali, ma
è quella parte profonda della nostra vita dove avvertiamo
che nella persona umana c'è "la domanda, il grido, l'attesa
di una risposta che dia senso al suo destino....Nel
profondo dell'uomo c'è una domanda che riguarda
Dio. E' un bisogno che a volte è molto più
pressante di quello del pane e dell'acqua" (C. Balducci).
Lucia ne era consapevole quando scriveva: "L'infermo è un
tesoro inestimabile che Dio ti mette vicino. A volte, ci chiediamo
perchè i nostri infermi siano così... Devi affinarti
nello spirito e renderti sensibilissima, quasi un radar che
capta le onde dell'amore misericordioso...Se tu hai saputo
evitare tutti gli urti con l'infermo; se sai indovinare di quanto
può aver bisogno, se hai pazienza e bontà nel
trattarlo, nel servirlo, nell'ascoltare, nel parlare, tu lo hai
reso sereno. I suoi problemi pian piano si sciolgono, ed egli
sempre più si offre, inconsapevole, all'azione dello Spirito
Santo, e si avvia alla luce del calore del sole eucaristico, per
comprendere il suo posto nel mondo, per capire il suo ruolo nella
Chiesa...".
Forse possono sembrare parole troppo grandi e di altra
sensibilità. Eppure Lucia vuole invitare tutti ad
essere accanto alla sofferenza umana per riempirla di un
senso che non viene da noi, ma dalla scoperta che ogni
fragilità e debolezza è illuminata e abitata dalla
presenza di Dio, che non ha avuto paura di farsi debole e
fragile. E che c'è di più debole della
"presenza eucaristica"? Chi sa stare davanti a quella
povera ostia sull'altare, impara sempre più a vedere Cristo
sull'altare di ogni letto di sofferenza, o carrozzina di
disabilità.
Don Antonio Guidolin